Commentare a caldo quanto avvenuto a Milano, prima tappa
italiana della tournée, senza farti prendere dall’entusiasmo, con l’adrenalina
a mille, stremato e ancora in balia delle fortissime emozioni provate, è
un’impresa quasi impossibile. Ti rendi conto che se anche vorresti essere il
più obbiettivo possibile, non puoi analizzarlo razionalmente ed è difficile
affidare alle parole il racconto di ciò che hai vissuto e che ti è rimasto
dentro senza l’uso indiscriminato di una lunga serie di superlativi. Quando hai
la fortuna di imbatterti in serate come questa, in cui in realtà non si è
tenuto semplicemente un concerto rock
ma un vero e proprio rito sacro, celebrato
con tanto di officiante e adepti in delirio, riesci solo a dire di aver assistito
ad un evento unico e irripetibile, il
cui ricordo indelebile ti accompagnerà per tutto il resto della vita.
Quello di San Siro
è stato uno show folgorante, una festa che sembrava non avere fine, 3h40’ di
musica ininterrotta , senza una pausa, un lunghissimo singolo encore composto da 33 canzoni che Bruce ha suonato con grinta ed energia
senza pari, come se fosse l’ultima occasione rimasta per evocare lo spirito e infiammare l’anima dei suoi
fans. Alcuni momenti sono stati magici, come l’intensissima Jack Of All Trades o quando si è seduto
al piano e ha intonato le note di The
Promise regalandoci una delle sue storie più belle e noi siamo rimasti
tutti senza fiato, rapiti da un’interpretazione straordinaria.
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