mercoledì 25 luglio 2012

Patti Smith - Festival di Villa Arconati - 23 Luglio 2012

Foto di Alessia Interlandi
http://www.flickr.com/photos/alessiainterlandi/7635251592/


L’altra sera ho provato una grande emozione, consapevole di aver assistito ad un avvenimento che ricorderò a lungo. Patti Smith, attualmente in tournèe in Italia per promuovere il nuovissimo Banga, ha tenuto a Bollate uno strepitoso concerto.  Il disco, pubblicato agli inizi di giugno, mi è piaciuto moltissimo, anzi lo considero una delle uscite più belle e importanti dell’anno, un lavoro affascinante non solo per le sue qualità musicali, ma anche per la ricchezza degli innumerevoli spunti letterari e poetici che offre all’ascolto. Con grande curiosità ho atteso quindi la data milanese cogliendo al volo la ghiotta opportunità offerta dal Festival di Villa Arconati di vedere dal vivo un’autentica icona del rock. L’aspettativa per quello che da subito si è preannunciato un evento è stata ampiamente ripagata dall’artista che, in gran forma, ha dimostrato ancora una volta di possedere classe e talento straordinari, un personaggio dal carisma davvero unico!

La band sale sul palco quasi in orario e attacca con Redondo Beach e Dancing Barefoot, un ottimo inizio con due brani trainanti e coinvolgenti che hanno il potere di sciogliere subito il pubblico. La Smith è rilassata e sorridente, la sua voce ancora intonatissima e potente, per nulla intaccata dagli anni, dal timbro inconfondibile. Arrivano subito le canzoni nuove: April Fool  ha un ritornello accattivante e orecchiabile e Fuji-san, che ricorda il terremoto in Giappone, è una preghiera così intensa da mettere i brividi. This Is The Girl, composta in memoria di Amy Winehouse, di cui ricorre l’anniversario della morte, segna un momento molto toccante; non succede infatti così spesso che ad un concerto rock cali improvvisamente il silenzio, ma quando capita è un momento magico e Patti, emozionata, può sussurrare la sua dedica. Segue, forse non a caso, Ghost Dance tratta da Easter e quando tutti insieme cantiamo we shall live again l’emozione è palpabile. Ancora un paio di brani e sale alla ribalta Lenny Kaye, il fidato chitarrista dal look impeccabile, che propone un medley di brani da Nuggets (seminale compilation di garage band pubblicata nel 1972) tirati ed energici, spettacolo nello spettacolo.

Rientra subito la Smith e siamo nel cuore del concerto, scorrono We Three, Nine, Pissing In A River per arrivare ad uno dei momenti più attesi, una Because The Night sicuramente diversa dalla versione di Bruce Springsteen, ma non meno efficace, impossibile non cantarla a squarciagola insieme a chi l’ha resa famosa! People Have The Power, altro anthem, è resa in versione parlata mentre Gloria, degli Them, è impetuosa, ormai tutto il pubblico canta e balla, non si può restare fermi. Il concerto finisce qui, ma la platea reclama, manca ancora qualcosa, e così il Patti Smith Group torna sul palco per l’encore conclusivo. L’insistenza di uno spettatore viene premiata da un verso di Kimberly cantato a cappella cui segue Banga, bella e potente che on stage guadagna in intensità. Il finale è affidato a Rock’N’Roll Nigger, travolgente con la Smith che urla tutta la sua rabbia e, imbracciata una fender, si produce in un vulcanico assolo e all’urlo di outside of society termina la canzone letteralmente strappando le corde della chitarra. Dopo quasi due ore trascorse velocissime la conclusione arriva veramente, resta solo il tempo dei saluti. Ci avviamo all’uscita soddisfatti, contenti per una serata dove ogni cosa è andata alla perfezione e l’ottima acustica ha permesso a tutti di goderne nel migliore dei modi.

A Villa Arconati si è fermato un pezzo importante della storia della nostra musica e Patti Smith, con una grinta davvero invidiabile, ha impartito ai presenti una grande lezione di rock. Divisa tra ballate intense e raffinate, pezzi potenti e tirati e un finale al fulmicotone, la band ha suonato sempre ad alto livello, senza sbavature. Quindi bravi tutti, a partire naturalmente da Lenny Kaye, efficacissimi nell’accompagnare una grandissima Patti Smith



sabato 14 luglio 2012

Vinicio Capossela - Rebetiko Gymnastas

Articolo pubblicato su REvolution Rock, 
la webzine di Diavoletto Netlabel 
http://issuu.com/diavolettolabel/docs/re8
http://www.diavolettolabel.com/revolution.html

Musiche di porto e d’assenza che da tempo attendevano l’approdo! Rientra il navigante, dopo aver affrontato mari omerici, balene, ciclopi e polpi innamorati, dopo essere sfuggito all’incanto delle sirene. A conclusione delle peregrinazioni marinaresche ecco il porto, la Taverna Tsozzos, dove si apre il girone dei rebetici.

Attendevo da tempo Rebetiko Gymnastas, da quando cinque anni fa ho saputo che il disco era stato registrato ad Atene, e finalmente il momento della sua pubblicazione è arrivato. L’amore per la musica greca di Vinicio Capossela ha radice lontane, il primo segnale nella sua opera risale infatti a Canzoni a Manovella, l’album che conteneva Contratto per Karelias, brano dal testo originale arrangiato sulla musica di Markos Vamvakaris, uno dei padri del rebetico. Nel suo romanzo Non si muore tutte le mattine l’autore stesso racconta in un paio di capitoli l’incontro folgorante con questa musica, parole da rileggere con attenzione per entrare nella giusta atmosfera e prepararsi all’ascolto del disco. Il rebetico, che in greco significa ribelle, è nato negli anni venti in seguito all’allontanamento dei greci dall’Asia Minore, una delle tante diaspore del secolo scorso, che ha lasciato segni profondi nei rifugiati e alimenta nostalgia e rimpianto per ciò che si è perduto e non si riavrà mai più. Come il blues, il fado portoghese e la morna capoverdiana, è musica intrisa di malinconia, che nasce dal dolore, il cui esercizio (da qui i ginnasti cui allude il titolo) aiuta a vivere, a manifestare la propria identità attraverso la ribellione dell’anticonformismo al tempo presente.

Ancora una volta veniamo sorpresi da una straordinaria prova d’artista, nella quale convergono le tante esperienze dell’autore che si è confrontato spesso con altre culture e le ha sapute amare e metabolizzare con estrema sensibilità. Le sue opere, sempre migliori e diverse una dall’altra, si sono costantemente arricchite in questi scambi e testimoniano la creatività dirompente di un autore in continua evoluzione, che non si stanca di esplorare e conoscere, davvero unico nell’attuale panorama italiano. Ecco quindi Rebetiko Gymnastas, non una sterile operazione folkloristica, ma il mondo di Capossela interpretato e rivisto insieme ad un manipolo di ottimi musicisti greci, non un disco di rebetico, ma suonato da musicisti rebetici. Forse una distinzione sottile, ma che rende perfettamente l’idea! Come definire altrimenti un lavoro il cui nucleo principale è costituito da nove brani pescati dal repertorio di Vinicio e solamente uno dei quattro inediti è di un autore greco? 

Aiutano il nostro un paio musicisti storici del clan caposseliano, Alessandro “Asso” Stefana alla chitarra e Glauco Zuppiroli al contrabbasso, affiancati dai bravissimi Ntinos Chatziiordanou alla fisarmonica, Socratis Ganiaris alle percussioni, Manolis Pappos al bouzouki e Vassilis Massalas al baglama. In questa nuova veste le composizioni che già conosciamo traggono ulteriore linfa vitale e la diversa prospettiva le rende ancora più belle ed interessanti. Con una rosa, impreziosita dal violino di Mauro Pagani ed una fisarmonica assassina si trasforma in elliniko baion, Non è l’amore che va via, dall’incedere lento e malinconico, è ancora più struggente. Morna è una stretta al cuore, “tanto qui c’è soltanto vento e parole di allora”, ospite la chitarra portoguesa di Riccardo Pereira. Eccezionali gli inediti, a cominciare da Canción de las simples cosasresa famosa dall’argentina Mercedes Sosa e Abbandonato (Los ejes de mi carreta) di un altro autore argentino Atahualpa Yupanqui entrambe dal testo tradotto in italiano da Capossela. Non finisce qui, perché c’è spazio anche per Gimnastika del poeta russo Vladimir Vysotskij e Misirlou, di cui ricordiamo la versione strumentale in Pulp Fiction, che ospita Kaiti Ntali alla voce, canzone del repertorio popolare greco. Manifesto del disco è Rebetiko you stupendo esercizio di stile cui partecipa, ospite alla chitarra, il grande Marc Ribot.

“Fatevi più stretti attorno
Questa sera non mi basta il mondo
Tornano i miei passi in coro
Nel cerchio del rebetiko da solo
Come una parata
Come in un addio
Questo ballo è solo il mio”

Rebetiko Gymnastas è davvero entusiasmante e nonostante raccolga influenze di vario genere, è assolutamente omogeneo nel risultato e piacevolissimo all’ascolto. Se il precedente Marinai, profeti e balene poteva essere considerato in parte un po’ eccessivo e  impegnativo (d'altronde trattava temi sovra-umani), qui funziona tutto alla perfezione. L’abilità di Vinicio Capossela e dei suoi bravissimi compagni d’avventura è quella di aver reso gradevole e accessibile un’operazione di altissimo valore culturale. Solamente il Maestro poteva permettersi un così caloroso e personale omaggio al mondo greco che, lo ricordiamo, giunge in un momento storico molto particolare per la culla del mondo occidentale. Dimentichiamo quindi per un attimo la musica anglo-americana, di cui sappiamo già tutto, e immergiamoci nel mediterraneo, accompagnati da questo straordinario album, rapiti da una musica che parla al cuore, racconta di noi e della nostra identità!






giovedì 12 luglio 2012

Erykah Badu - Festival di Villa Arconati - 7 luglio 2012


Serata davvero piacevole quella che si è tenuta sabato scorso a Villa Arconati in occasione del concerto di Erykah Badu. L’artista americana ha fatto tappa con il suo tour nel salotto buono delle estati milanesi ed è stata accolta con grande entusiasmo dal pubblico che nel corso dello spettacolo è stato ampiamente ricompensato del suo calore.
Come ogni diva che si rispetti, Erykah si è fatta attendere, lasciando il compito di intrattenere i presenti ad alcuni brani di un dj-set seguiti dalle improvvisazioni di batterista e percussionista, forse un po’ troppo lunghe e compiacenti, ma che comunque hanno scaldato la platea. Impeccabile l’entrata della Badu, elegantissima in pseudo impermeabile-sahariana chiaro, tacchi alti e cappellino a coprire la foltissima chioma. Così inquadrato, lo sguardo magnetico della cantante ha subito incantato e le è bastato poco per calamitare l’attenzione su di se. L’ordine voluto dagli organizzatori è saltato subito, nessuno ha saputo resistere al richiamo di avvicinarsi al palco, come del resto deve succedere in ogni concerto che si rispetti, tutti in piedi a ballare e a godersi la musica. Tutti tranne un accanito signore, che forse non capiva a cosa stava partecipando e si è ostinato a restare seduto contemplando tutto il tempo le terga dei partecipanti!