Foto di Alessia Interlandi http://www.flickr.com/photos/alessiainterlandi/7635251592/ |
L’altra sera ho provato una grande emozione, consapevole di
aver assistito ad un avvenimento che ricorderò a lungo. Patti Smith, attualmente in tournèe in Italia per promuovere il
nuovissimo Banga, ha tenuto a
Bollate uno strepitoso concerto. Il disco, pubblicato agli inizi di giugno,
mi è piaciuto moltissimo, anzi lo considero una delle uscite più belle e
importanti dell’anno, un lavoro affascinante non solo per le sue qualità
musicali, ma anche per la ricchezza degli innumerevoli spunti letterari e
poetici che offre all’ascolto. Con grande curiosità ho atteso quindi la data
milanese cogliendo al volo la ghiotta opportunità offerta dal Festival di Villa Arconati di vedere
dal vivo un’autentica icona del rock. L’aspettativa per quello che da subito si
è preannunciato un evento è stata
ampiamente ripagata dall’artista che, in gran forma, ha dimostrato ancora una
volta di possedere classe e talento straordinari, un personaggio dal carisma
davvero unico!
La band sale sul palco quasi in orario e attacca con Redondo Beach e Dancing Barefoot, un ottimo inizio con due brani trainanti e
coinvolgenti che hanno il potere di sciogliere subito il pubblico. La Smith è rilassata e sorridente, la sua
voce ancora intonatissima e potente, per nulla intaccata dagli anni, dal timbro
inconfondibile. Arrivano subito le canzoni nuove: April Fool ha un ritornello
accattivante e orecchiabile e Fuji-san,
che ricorda il terremoto in Giappone, è una preghiera così intensa da mettere i
brividi. This Is The Girl, composta in
memoria di Amy Winehouse, di cui
ricorre l’anniversario della morte, segna un momento molto toccante; non
succede infatti così spesso che ad un concerto rock cali improvvisamente il silenzio,
ma quando capita è un momento magico e Patti,
emozionata, può sussurrare la sua dedica. Segue, forse non a caso, Ghost Dance tratta da Easter e quando tutti insieme cantiamo we shall live again l’emozione è
palpabile. Ancora un paio di brani e sale alla ribalta Lenny Kaye, il fidato chitarrista dal look impeccabile, che propone
un medley di brani da Nuggets (seminale
compilation di garage band pubblicata
nel 1972) tirati ed energici, spettacolo nello spettacolo.
Rientra subito la Smith
e siamo nel cuore del concerto, scorrono We
Three, Nine, Pissing In A River per arrivare ad uno dei momenti più attesi, una Because The Night sicuramente diversa
dalla versione di Bruce Springsteen,
ma non meno efficace, impossibile non cantarla a squarciagola insieme a chi l’ha
resa famosa! People Have The Power,
altro anthem, è resa in versione parlata mentre Gloria, degli Them, è
impetuosa, ormai tutto il pubblico canta e balla, non si può restare fermi. Il
concerto finisce qui, ma la platea reclama, manca ancora qualcosa, e così il Patti Smith Group torna sul palco per
l’encore conclusivo. L’insistenza di
uno spettatore viene premiata da un verso di Kimberly cantato a cappella cui segue Banga, bella e potente che on
stage guadagna in intensità. Il finale è affidato a Rock’N’Roll Nigger, travolgente con la Smith che urla tutta la sua rabbia e, imbracciata una fender, si
produce in un vulcanico assolo e all’urlo di outside of society termina la canzone letteralmente strappando le
corde della chitarra. Dopo quasi due ore trascorse velocissime la conclusione
arriva veramente, resta solo il tempo dei saluti. Ci avviamo all’uscita
soddisfatti, contenti per una serata dove ogni cosa è andata alla perfezione e
l’ottima acustica ha permesso a tutti di goderne nel migliore dei modi.
A Villa Arconati si
è fermato un pezzo importante della storia della nostra musica e Patti Smith, con una grinta davvero invidiabile,
ha impartito ai presenti una grande lezione di rock. Divisa tra ballate intense
e raffinate, pezzi potenti e tirati e un finale al fulmicotone, la band ha
suonato sempre ad alto livello, senza sbavature. Quindi bravi tutti, a partire naturalmente
da Lenny Kaye, efficacissimi nell’accompagnare
una grandissima Patti Smith.
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