Devo ammettere di non essere mai stato un appassionato di
geografia e di non aver mai provato alcun interesse in aridi elenchi di numeri
e capitali. Così purtroppo mi è stata insegnata a scuola e di certo mi è
mancato l’insegnante giusto che sapesse coinvolgermi in una materia che può
invece rivelarsi interessante. Le occasioni per rimediare però si presentano
inaspettate, come Harpway 61, il
nuovo album di Fabrizio Poggi. Vi
starete domandando: cosa c’entra la geografia con un disco di blues? Invece
c’entra, perché i titoli dei quattordici brani sono i nomi di altrettante città
americane che hanno visto nascere o affermarsi i migliori armonicisti blues in
circolazione. D’obbligo il riferimento alla famosa Highway 61, l’autostrada che unisce New Orleans a Chicago,
conosciuta dagli appassionati come Blues
Highway, così chiamata perché segna le tappe iniziali del percorso intrapreso
dai musicisti neri durante il viaggio che dal delta del Mississippi li ha
portati verso il nord. La Harpway 61
è quindi la nuova autostrada del blues, dedicata all’armonica e ai suoi eroi;
non resta che partire e seguire le indicazioni del navigatore, un Fabrizio
Poggi particolarmente ispirato che ci guida con grande talento lungo un
tragitto davvero emozionante.
venerdì 31 agosto 2012
martedì 28 agosto 2012
Dimartino - Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile (Picicca Dischi - 2012)
Ci sono dischi di cui ti innamori già dal primo ascolto. E’
successo così con il nuovo album di Antonio
Di Martino, in arte Dimartino, che
fin dal titolo, bello e coraggioso nella sua lunghezza, incuriosisce parecchio.
In un periodo in cui la musica viene definita liquida, togliendole così spessore ed importanza, imbattersi in
dischi come questo è insieme una fortuna e un piacere. Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile
è un lavoro tanto godibile per le qualità musicali quanto profondo e intenso
nei contenuti. Il trentenne autore palermitano, giunto alla seconda prova
solista, rivela una notevole vena cantautorale che lo impone come uno dei
musicisti più dotati nell’attuale panorama italiano. La copertina, decisamente
surreale, che lo ritrae seduto accanto ad un valigione con le nuvole a fare da
sfondo, fa presagire un viaggio di cui non si conosce ancora la meta. Non resta
quindi che inserire il cd nel lettore e partire.
Non siamo gli alberi, il primo brano, inizia quasi in sordina: “io odio immensamente le ferrovie dello
stato, perché è li che ci lasciamo quattro volte al mese” recita la voce
sola, poi si aggiungono chitarra e pianoforte e il mood è decisamente anni
settanta. Tutto l’album si gioca su sonorità retrò che rimandano al periodo
d’oro della musica d’autore italiana. Nel caso di Dimartino la definizione di cantautore,
spesso usata a sproposito, calza davvero a pennello. Unire testi riflessivi ed
intensi, intrisi a tratti di un’ironia tagliente ed amara, a melodie di gran
gusto, è una capacità che dimostra il grande talento compositivo del nostro e
la raggiunta maturità stilistica dell’artista. L’insieme degli undici brani è
un quadro a volte spietato dell’Italia di oggi, descritta attraverso i
sentimenti e le disillusioni di chi, pur essendo ancora giovanissimo, ha già
avuto modo di vedere tradita qualche speranza. Emblematico il caso di Non ho più voglia d’imparare: sentire
cantare “tienitela tu l’università, la
burocrazia, il socialismo nelle dispense di un massone…non ho più voglia di
capire, ne di sapere niente, tanto a cosa mi serve” fa un certo effetto. Sulla stessa linea Venga il tuo regno, un crudo ritratto
della nostra società, che ha svenduto valori e speranze, dove “i laureati aspettano di lavorare, i
lavoratori aspettano di morire” ; un gran vuoto, difficile da colmare, che
il sarcasmo cerca di alleviare con “venga
il tuo regno, venga pure babbo natale, vengano gli uomini neri pescati morti
dal mare”. Con altrettanta bravura Dimartino
sa descrivere i sentimenti, le gioie e i dolori dei rapporti umani e li ritrae con
grande fantasia e padronanza linguistica. Amore
sociale, Maledetto autunno e Piccoli peccati sono preziosi quadretti
dipinti con maestria, che una minuziosa descrizione della quotidianità
arricchisce di particolari.
"Mentre guardavamo il divo sul manifesto del detersivo
pensavamo a Monicelli che vola dal balcone
alla faccia della moda che ci vuole tutti giovani e belli
alla faccia dell'Italia che ci vuole vivi e basta"
Prodotto dall’amico Dario
Brunori (anche lui cantautore) il
disco vede la partecipazione di Simona Norato
al pianoforte e alle tastiere, e di Giusto
Correnti alle percussioni, due musicisti di assoluto valore che, con la
loro bravura, aiutano il nostro autore a realizzare un’opera davvero di qualità.
Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma
abbandonarsi ogni tanto è utile è un deciso passo in avanti rispetto a Cara maestra abbiamo perso, il già
molto interessante esordio di due anni fa, che forse mancava solo di una
direzione precisa e appariva ancora una raccolta di brani a compendio di influenze
diverse. Ciò che ora invece colpisce molto favorevolmente è l’omogeneità stilistica
dell’album che indica l’avvenuto processo di maturazione dell’artista.
Naturalmente i rimandi ci sono e sono evidenti, Francesco De Gregori, Lucio
Dalla e Ivan Graziani sono i
primi nomi a venire alla mente, ma Dimartino
riesce ad elaborare con assoluta originalità e personalità le proprie fonti
d’ispirazione. Lui che canta di non avere più voglia di imparare, dimostra
invece di avere non solo appreso molto bene la lezione, ma di sapere
padroneggiare con estrema sicurezza la materia.
Articolo pubblicato su REvolution Rock,
la webzine di Diavoletto Netlabel
lunedì 13 agosto 2012
Graziano Romani - Concerto del 9 agosto 2012 - Chiringuito - Spalti di San Michele - Bergamo Alta
Da qualche tempo non assistevo ad un concerto di Graziano Romani e per di più ero molto
curioso di ascoltare dal vivo i brani del suo ultimo disco dedicato all’eroe
dei fumetti. La data di Bergamo del My
Name Is Tex Tour è capitata quindi a puntino in una calda sera d’agosto, già
in clima di ferie, l’atmosfera ideale per godersi della buona musica e bere una
birra fresca. Arrivo al Chiringuito, il locale all’aperto sugli Spalti di San
Michele nella città alta, appena in tempo per fare quattro chiacchiere con gli altri
Spiriti Liberi (i fan del rocker
emiliano) già sul posto e accomodarmi in prima fila. Vestito di nero con un altrettanto
nero Stetson calato sul capo, Graziano sale
sul palco in perfetto orario, imbraccia la chitarra, da un cenno alla band e lo
show comincia. Come previsto, l’inizio è affidato ai nuovi pezzi, My Name Is Tex, Goldeena, Carson e il
traditional Red River Valley, mentre
dal precedente Zagor King Of Darkwood
vengono ripescate Guitar Jim e Darkwwod. L’esecuzione della formazione
a quattro è grintosa e veloce, il suono decisamente chitarristico,
spiccatamente country-rock, che
l’assenza dell’elettrica vira verso il folk
più energico e scoppiettante. Se gli arrangiamenti del disco possono contare su
sfumature più ampie, impreziositi come sono dalla presenza di violino, dobro e
accordion, dal vivo si apprezza invece la compattezza e l’energia del combo.
clicca qui per continuare a leggere su Mescalina...
il sito ufficiale http://www.grazianoromani.it/
il sito del fan club http://www.grazianoland.net/
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il video ufficiale di My Name Is Tex
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