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Sono le atmosfere autunnali, come fa presagire il titolo, a
pervadere il disco in un continuo susseguirsi di chiaroscuri, di ballate acustiche
dalle tinte folk che si alternano tra reminiscenze country dai toni malinconici
e introspettivi ed episodi elettrici in cui l’indole rock da libero sfogo a
chitarre acide e graffianti che rimandano alla stagione del Paisley Underground di Dream Syndicate e Green on Red. Uscito negli ultimi scampoli d’estate, sarà
sicuramente un buon compagno nelle serate invernali riscaldate da un buon
bicchiere di whiskey! Una ricetta semplice ma gustosa quella preparata da Matt Waldon, il cui talento di songwriter si sviluppa in dieci brani di
pregevole fattura. Le note solitarie di un banjo aprono lo strumentale Like a secret, premessa della
scoppiettante Dirty Roads le cui
radici country sono contaminate da un’armonica fulminate e dalla chitarra che insegue
il piano in una veloce ballata convincente e accattivante. Il piano è invece protagonista
in I know, dalla melodia avvolgente,
riscaldata dalla voce della francese Paoloma
Gil, che duetta con Waldon con
molta grazia e rende palpabile l’emozione di ascoltare “the rain on my heart“. Non è l’unica ospite invitata a partecipare
alle registrazioni, effettuate all’Arkham
Studio di Rovigo; sono presenti nomi importanti della scena Americana, a partire da Caitlin Cary (violinista dei Whiskeytown, altra band di Ryan Adams), al newyorkese Kevin Salem e il nostrano Cesare Carugi (anche lui autore
quest’anno di un album scritto con l’America nel cuore). Proprio il brano che
da il titolo all’album, con Carugi
ai cori, è uno degli episodi più belli, un folk rock intrigante impreziosito
dal violino della Cary, un
gioiellino nella sua linearità. Il rumore di un temporale fa da sfondo a Sad Song, il pezzo più trascinante del
disco, cantata insieme a Salem, che
si lancia in un’eccellente prestazione alla chitarra, ritmo energico che non fa
rimpiangere i migliori Dream Syndicate.
La conclusione è affidata alla splendida ballata I will, deliziosa folk song magica e sognante, abbellita dalle
evoluzioni del violino e dalle voce armoniosa della Gil.
La pubblicazione di Oktober,
interamente scritto e prodotto da Matt
Waldon, curato fin nei minimi particolari, fa entrare di diritto l’autore nel
novero di quegli artisti italiani che, senza timori reverenziali, sanno
interpretare in maniera personale e con ottimi risultati il rock d’oltreoceano.
Anche se probabilmente destinato a rimanere un prodotto di nicchia, il roots-rock o alt-country
che dir si voglia, in Italia è ormai una realtà e opere come questa fanno ben
sperare nel futuro. A Waldon va
quindi il plauso per aver realizzato un album maturo, omogeneo nelle sonorità,
ben suonato e registrato, molto gradevole all’ascolto che di certo soddisferà i
palati più esigenti.
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