Giunti al terzo album in studio, Lorenzo Semprini e i suoi fidati Miami & The Groovers centrano in pieno il bersaglio. Good Things è infatti un disco energico ed appassionato, un pugno di brani essenziali e sinceri che testimoniano, se ancora ce ne fosse bisogno, la possibilità di fare anche in Italia un ottimo rock, senza alcun timore reverenziale nei confronti dei modelli d’oltre oceano. Gli anni passati on the road facendo gavetta e suonando in ogni possibile locale dove ci fossero altri affamati di rock sano e genuino hanno dato ottimi frutti. Spesso hanno calcato il palco insieme ad artisti di calibro internazionale e questo ha permesso loro di affilare le armi acquisendo sicurezza e fiducia nei propri mezzi espressivi. La band riminese, che sognava di trasformare la riviera nella Jersey shore, ha saputo far decantare le proprie influenze facendole confluire in un sound personale e maturo. Rock di chiara derivazione americana, sporco e stradaiolo come sapevano esserlo, ad esempio, i Replacements e i Del Fuegos, senza dimenticare la lezione del miglior songwriting cantautorale. Quest’album ci regala quindi una delle più belle sorprese d’inizio d’anno. Tredici brani in tutto per quarantasei minuti di musica (il tempo giusto di un Lp) che scorrono veloci e ti restano in mente già dal primo ascolto.
Partenza alla grande con la title track Good things, ritmo veloce e chitarre in evidenza, dall’impatto immediato. Seguono l’energica On a night train, basata su un bel riff e Audrey Hepburn’s smile ballata dall’arrangiamento molto curato ed efficace. Cold in my bones, dal ritmo più lento e riflessivo, vede ospite la chitarra di Antonio Gramentieri cui si intrecciano quella di Beppe Ardito e il piano di Alessio Raffaelli conferendo al brano un incedere molto intenso ed affascinante. Burning ground è un ottimo garage rock con le chitarre a farla da padrone, che dal vivo non faticherà di certo a diventare uno dei pezzi più coinvolgenti. Walkin’ all alone è la gemma del disco, una ballata davvero ben riuscita in cui Riccardo Maffoni, ospite alla voce, duetta con Semprini e il violino di Heather Horton (la moglie di Michael McDermott) impreziosisce il brano, chiuso dal dialogo tra chitarra e organo e l’assolo finale. Sulla stessa lunghezza d’onda Before your eyes e Always the same, mentre con il rock a la Bo Didley di Under control la temperatura aumenta di nuovo per arrivare a quello che diventerà sicuramente un inno, The last r’n’r band, dall’inconfondibile marchio di fabbrica della band. Postcards, introdotta da Israel Nash Gripka che legge un brano di Thomas Wolfe, ci lascia riprendere fiato, con la pedal steel di Alex Valli e l’armonica di Semprini in evidenza. Chiude il disco We’re still alive un velocissimo folk rock con in mente i Pogues e i contemporanei Dropkicks Murphys.
In conclusione questo Good things è un ottimo lavoro che conferma il positivo stato di forma della band e il talento compositivo di Lorenzo Semprini. Non si può far altro che plaudere ai risultati raggiunti da questi ragazzi che con passione e volontà hanno saputo credere al loro sogno e sono diventati una delle più belle realtà della scena musicale italiana. Rimane solo attenderli dal vivo per sentirli suonare come fossero rimasti l’ultima rock’n’roll band, gridando insieme a loro “wish me good luck we’re still alive”.
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