Ci sono dischi di cui ti innamori già dal primo ascolto. E’
successo così con il nuovo album di Antonio
Di Martino, in arte Dimartino, che
fin dal titolo, bello e coraggioso nella sua lunghezza, incuriosisce parecchio.
In un periodo in cui la musica viene definita liquida, togliendole così spessore ed importanza, imbattersi in
dischi come questo è insieme una fortuna e un piacere. Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile
è un lavoro tanto godibile per le qualità musicali quanto profondo e intenso
nei contenuti. Il trentenne autore palermitano, giunto alla seconda prova
solista, rivela una notevole vena cantautorale che lo impone come uno dei
musicisti più dotati nell’attuale panorama italiano. La copertina, decisamente
surreale, che lo ritrae seduto accanto ad un valigione con le nuvole a fare da
sfondo, fa presagire un viaggio di cui non si conosce ancora la meta. Non resta
quindi che inserire il cd nel lettore e partire.
Non siamo gli alberi, il primo brano, inizia quasi in sordina: “io odio immensamente le ferrovie dello
stato, perché è li che ci lasciamo quattro volte al mese” recita la voce
sola, poi si aggiungono chitarra e pianoforte e il mood è decisamente anni
settanta. Tutto l’album si gioca su sonorità retrò che rimandano al periodo
d’oro della musica d’autore italiana. Nel caso di Dimartino la definizione di cantautore,
spesso usata a sproposito, calza davvero a pennello. Unire testi riflessivi ed
intensi, intrisi a tratti di un’ironia tagliente ed amara, a melodie di gran
gusto, è una capacità che dimostra il grande talento compositivo del nostro e
la raggiunta maturità stilistica dell’artista. L’insieme degli undici brani è
un quadro a volte spietato dell’Italia di oggi, descritta attraverso i
sentimenti e le disillusioni di chi, pur essendo ancora giovanissimo, ha già
avuto modo di vedere tradita qualche speranza. Emblematico il caso di Non ho più voglia d’imparare: sentire
cantare “tienitela tu l’università, la
burocrazia, il socialismo nelle dispense di un massone…non ho più voglia di
capire, ne di sapere niente, tanto a cosa mi serve” fa un certo effetto. Sulla stessa linea Venga il tuo regno, un crudo ritratto
della nostra società, che ha svenduto valori e speranze, dove “i laureati aspettano di lavorare, i
lavoratori aspettano di morire” ; un gran vuoto, difficile da colmare, che
il sarcasmo cerca di alleviare con “venga
il tuo regno, venga pure babbo natale, vengano gli uomini neri pescati morti
dal mare”. Con altrettanta bravura Dimartino
sa descrivere i sentimenti, le gioie e i dolori dei rapporti umani e li ritrae con
grande fantasia e padronanza linguistica. Amore
sociale, Maledetto autunno e Piccoli peccati sono preziosi quadretti
dipinti con maestria, che una minuziosa descrizione della quotidianità
arricchisce di particolari.
"Mentre guardavamo il divo sul manifesto del detersivo
pensavamo a Monicelli che vola dal balcone
alla faccia della moda che ci vuole tutti giovani e belli
alla faccia dell'Italia che ci vuole vivi e basta"
Prodotto dall’amico Dario
Brunori (anche lui cantautore) il
disco vede la partecipazione di Simona Norato
al pianoforte e alle tastiere, e di Giusto
Correnti alle percussioni, due musicisti di assoluto valore che, con la
loro bravura, aiutano il nostro autore a realizzare un’opera davvero di qualità.
Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma
abbandonarsi ogni tanto è utile è un deciso passo in avanti rispetto a Cara maestra abbiamo perso, il già
molto interessante esordio di due anni fa, che forse mancava solo di una
direzione precisa e appariva ancora una raccolta di brani a compendio di influenze
diverse. Ciò che ora invece colpisce molto favorevolmente è l’omogeneità stilistica
dell’album che indica l’avvenuto processo di maturazione dell’artista.
Naturalmente i rimandi ci sono e sono evidenti, Francesco De Gregori, Lucio
Dalla e Ivan Graziani sono i
primi nomi a venire alla mente, ma Dimartino
riesce ad elaborare con assoluta originalità e personalità le proprie fonti
d’ispirazione. Lui che canta di non avere più voglia di imparare, dimostra
invece di avere non solo appreso molto bene la lezione, ma di sapere
padroneggiare con estrema sicurezza la materia.
Articolo pubblicato su REvolution Rock,
la webzine di Diavoletto Netlabel
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