martedì 28 agosto 2012

Dimartino - Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile (Picicca Dischi - 2012)


Ci sono dischi di cui ti innamori già dal primo ascolto. E’ successo così con il nuovo album di Antonio Di Martino, in arte Dimartino, che fin dal titolo, bello e coraggioso nella sua lunghezza, incuriosisce parecchio. In un periodo in cui la musica viene definita liquida, togliendole così spessore ed importanza, imbattersi in dischi come questo è insieme una fortuna e un piacere. Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile è un lavoro tanto godibile per le qualità musicali quanto profondo e intenso nei contenuti. Il trentenne autore palermitano, giunto alla seconda prova solista, rivela una notevole vena cantautorale che lo impone come uno dei musicisti più dotati nell’attuale panorama italiano. La copertina, decisamente surreale, che lo ritrae seduto accanto ad un valigione con le nuvole a fare da sfondo, fa presagire un viaggio di cui non si conosce ancora la meta. Non resta quindi che inserire il cd nel lettore e partire. 

Non siamo gli alberi, il primo brano, inizia quasi in sordina: “io odio immensamente le ferrovie dello stato, perché è li che ci lasciamo quattro volte al mese” recita la voce sola, poi si aggiungono chitarra e pianoforte e il mood  è decisamente anni settanta. Tutto l’album si gioca su sonorità retrò che rimandano al periodo d’oro della musica d’autore italiana. Nel caso di Dimartino la definizione di cantautore, spesso usata a sproposito, calza davvero a pennello. Unire testi riflessivi ed intensi, intrisi a tratti di un’ironia tagliente ed amara, a melodie di gran gusto, è una capacità che dimostra il grande talento compositivo del nostro e la raggiunta maturità stilistica dell’artista. L’insieme degli undici brani è un quadro a volte spietato dell’Italia di oggi, descritta attraverso i sentimenti e le disillusioni di chi, pur essendo ancora giovanissimo, ha già avuto modo di vedere tradita qualche speranza. Emblematico il caso di Non ho più voglia d’imparare: sentire cantare “tienitela tu l’università, la burocrazia, il socialismo nelle dispense di un massone…non ho più voglia di capire, ne di sapere niente, tanto a cosa mi serve”  fa un certo effetto. Sulla stessa linea Venga il tuo regno, un crudo ritratto della nostra società, che ha svenduto valori e speranze, dove “i laureati aspettano di lavorare, i lavoratori aspettano di morire” ; un gran vuoto, difficile da colmare, che il sarcasmo cerca di alleviare con “venga il tuo regno, venga pure babbo natale, vengano gli uomini neri pescati morti dal mare”. Con altrettanta bravura Dimartino sa descrivere i sentimenti, le gioie e i dolori dei rapporti umani e li ritrae con grande fantasia e padronanza linguistica. Amore sociale, Maledetto autunno e Piccoli peccati sono preziosi quadretti dipinti con maestria, che una minuziosa descrizione della quotidianità arricchisce di particolari.

"Mentre guardavamo il divo sul manifesto del detersivo
pensavamo a Monicelli che vola dal balcone
alla faccia della moda che ci vuole tutti giovani e belli
alla faccia dell'Italia che ci vuole vivi e basta"

Prodotto dall’amico Dario Brunori (anche lui cantautore) il disco vede la partecipazione di Simona Norato al pianoforte e alle tastiere, e di Giusto Correnti alle percussioni, due musicisti di assoluto valore che, con la loro bravura, aiutano il nostro autore a realizzare un’opera davvero di qualità. Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile è un deciso passo in avanti rispetto a Cara maestra abbiamo perso, il già molto interessante esordio di due anni fa, che forse mancava solo di una direzione precisa e appariva ancora una raccolta di brani a compendio di influenze diverse. Ciò che ora invece colpisce molto favorevolmente è l’omogeneità stilistica dell’album che indica l’avvenuto processo di maturazione dell’artista. Naturalmente i rimandi ci sono e sono evidenti, Francesco De Gregori, Lucio Dalla e Ivan Graziani sono i primi nomi a venire alla mente, ma Dimartino riesce ad elaborare con assoluta originalità e personalità le proprie fonti d’ispirazione. Lui che canta di non avere più voglia di imparare, dimostra invece di avere non solo appreso molto bene la lezione, ma di sapere padroneggiare con estrema sicurezza la materia. 


Articolo pubblicato su REvolution Rock,
la webzine di Diavoletto Netlabel

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